
Basta guardarsi intorno per rendersi conto della grande varietà di modelli familiari esistenti oggi. Dalle famiglie monoparentali alle coppie eterosessuali e omosessuali che scelgono di intraprendere il percorso verso la genitorialità. Fortunatamente, le opzioni si sono ampliate e nessuno è escluso dal sogno di costruire una famiglia. In questo contesto, la riproduzione assistita è diventata uno strumento fondamentale per trasformare questo sogno in realtà.
Progressi medici che aprono nuove possibilità
La medicina riproduttiva ha fatto molta strada. Agli inizi, i trattamenti erano molto limitati e potevano affrontare solo casi semplici attraverso rapporti sessuali programmati durante l’ovulazione. Successivamente è emersa l’inseminazione artificiale, in cui lo sperma veniva trattato e introdotto nell’utero nel momento ottimale, riducendo così la distanza da percorrere per raggiungere l’ovocita.
Con il tempo, lo sviluppo della fecondazione in vitro (FIV) ha rivoluzionato il settore. Gli ovociti venivano prelevati e posti a contatto con un’elevata concentrazione di spermatozoi, e successivamente il processo è stato perfezionato con la tecnica ICSI, che consente l’iniezione diretta di un singolo spermatozoo all’interno dell’ovocita. Grazie ai miglioramenti nei sistemi di coltura embrionale, oggi gli embrioni possono essere mantenuti negli incubatori fino a sette giorni prima del trasferimento.
Trasferimento embrionale e crioconservazione: meno è meglio
In passato, venivano trasferiti più embrioni per aumentare le probabilità di successo. Tuttavia, grazie ai progressi nelle tecniche di laboratorio, oggi si trasferisce generalmente un solo embrione, riducendo i rischi e mantenendo alte le percentuali di successo. Inoltre, gli embrioni non utilizzati non vengono più scartati: possono essere congelati con la sicurezza che il loro tasso di sopravvivenza dopo lo scongelamento è molto elevato.
Biopsia embrionale: verso una medicina personalizzata
Oggi è possibile analizzare la composizione genetica degli embrioni. Questo viene fatto tramite la biopsia embrionale, che inizialmente si eseguiva al terzo giorno di sviluppo, ma che ora si effettua comunemente allo stadio di blastocisti. Questo consente di rilevare anomalie cromosomiche o malattie genetiche prima del trasferimento, e viene sempre accompagnato da una vitrificazione sicura dell’embrione.
Disinformazione: una barriera persistente
Una delle sfide più grandi nella riproduzione assistita è la disinformazione. Molte persone non sanno che le donne nascono con un numero finito di ovociti e che questa riserva diminuisce con l’età. Se questo fatto fosse più conosciuto, più donne potrebbero monitorare la propria fertilità nel tempo, evitando di arrivare troppo tardi a una consulenza per infertilità.
Preservare la fertilità non significa diventare madre subito — significa mantenere aperte le possibilità. Congelare gli ovociti prima dei 35 anni consente di utilizzarli in futuro mantenendo la qualità che avevano a quell’età. Nei casi di insufficienza ovarica precoce, se non sono stati vitrificati ovociti, l’opzione attuale è la donazione di ovuli — anche se si tratta di un campo in cui la ricerca sta facendo rapidi progressi.
E se gli ovociti congelati non venissero utilizzati?
In caso di gravidanza spontanea, gli ovociti conservati possono essere donati ad altre persone (se si rispettano determinati requisiti), utilizzati per la ricerca o semplicemente eliminati quando arriva il momento. Tuttavia, fino ad allora, è necessario pagare una tariffa annuale per garantirne la corretta conservazione.
Un’assicurazione riproduttiva a lungo termine
Il congelamento degli ovociti non è un obbligo, ma uno strumento preventivo per le donne che desiderano tutelare il proprio potenziale riproduttivo di fronte a un futuro incerto. In definitiva, è una garanzia di libertà — la libertà di scegliere quando e come costruire una famiglia.